Conosci la rabbia? L’hai mai sentita dentro di te? L’hai già sentita esplodere dentro?

Io la conosco. Quando la sento nascere mi prende le viscere, i pugni si stringono e anche il mio viso diventa teso. E’ come una eruzione che sale dal profondo e che potrebbe esplodere come un vulcano. I miei pensieri sono catalizzati dal pensiero o dall’evento che ha generato la mia rabbia o un profondo senso di ingiustizia e non penso ad altro.
E’ come se venissi catturata da un vortice di sentimenti che mi abbruttisce, che mi fa diventare una persona che non mi piace. La sento nascere quando vedo un’ingiustizia, quando vedo le persone girarsi dall’altra parte davanti ai problemi, quando sento che qualcuno mi ferisce senza motivo, quando non vengo valuta perché donna. La discriminazione di genere è la cosa che mi ha fatto sempre arrabbiare di più. Questa rabbia non mi ha portato a disprezzare gli uomini ma a competere e a cercare di essere sempre più brava di loro, a fare meglio. Per fortuna, ad un certo punto della mia vita mi sono rilassata su questa questione ed ho smesso di gareggiare con chiunque. Ho imparato invece a guardare le persone più brave di me non per competere ma per imparare e per crescere come persona.
La rabbia può diventare anche una grande forza costruttrice. Le manifestazioni di piazza nascono dalla rabbia. C’è chi poi la esprime distruttivamente oppure chi fa valere i suoi diritti con fermezza e determinazione. Se pensiamo ad uno sbocco positivo della rabbia è questo: energia allo stato puro e se filtrata dal cuore e dalla mente può creare grandi rivoluzioni.

Avete mai visto il film “We want sex”? Racconta la storia delle lavoratrici della fabbrica Ford in Inghilterra che decidono di fare sciopero perché il loro salario è inferiore a quello degli uomini.
Lavorano di più ma vengono pagate meno. Non protestano distruggendo ma smettendo di lavorare. Questo gesto sconcerta tutti, crea notevoli perdite economiche all’azienda e dopo questo evento, il governo inglese crea una legge dove il salario delle donne deve essere equiparato a quello degli uomini. Sono molte le espressioni positive della rabbia che possiamo ricordare.

Ma il problema che interessa molti noi è: come la gestisco? Come posso fare a farla emergere senza che distrugga tutto attorno a me? Come posso impedire che si trasformi in violenza. Io di solito mi fermo, cerco di non agirla subito, di evitare di rispondere se non sono sicura di fare danni. Quell’impulso che spinge a far valere le proprie ragioni a tutti i costi mi ha portato più di una volta a chiedere scusa. L’ho fatto sempre con molta amarezza perché sentivo che avevo ferito qualcuno.
Ho imparato a fermarmi e respirare. C’è un collegamento diretto tra respiro, mente, corpo ed emozioni. Sono collegati.

Se osservi, quando la mente è preda di sentimenti e pensieri forti e difficili come rabbia, ansia, paura preoccupazione il nostro respiro è corto, respira solo la parte alta dei nostri polmoni. Se invece abbiamo pensieri sereni, pieni di fiducia e gioia il nostro respiro è rilassato e profondo. Puoi notare che la mente in questo caso influenza il nostro respiro. Questo controllo può avvenire anche nella direzione opposta. Se iniziamo a portare l’attenzione al respiro e lo rendiamo sempre più profondo questo calma la nostra mente. Calma i nostri pensieri e li ridimensiona. Torniamo così ad essere in grado di gestire noi stessi e ciò che ci sta accadendo e a prendere delle decisione con più lucidità.
Poesia
Nessun uomo è un’isola
Nessun uomo è un’isola,
intero in se stesso.
Ogni uomo è un pezzo del continente,
una parte della terra.
Se una zolla viene portata via dall’onda del mare,
la terra ne è diminuita,
come se un promontorio fosse stato al suo posto,
o una magione amica o la tua stessa casa.
Ogni morte d’uomo mi diminuisce,
perché io partecipo all’umanità.
E così non mandare mai a chiedere
per chi suona la campana:
essa suona per te.
John Donne
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