D’ora in avanti cercherò di raccontarvi come vivere una vita mindful aggiungendovi più sapori.
Nome insolito per una tisana!
Limonata di Amarene è un infuso di frutta gialla con la cosiddetta “ciliegina sulla torta”, anzi meglio, una dolcissima amarena sciroppata! Evoca un intreccio di sapori e sorprende. Questo mi è accaduto con la mindfulness quando ho iniziato a renderla parte integrante della mia vita. Non immaginavo che l’avrebbe cambiata tanto.
Non credevo che piccole attenzioni quotidiane e gesti consapevoli potessero gradualmente trasformare la vita, il modo di guardare me stessa, gli altri e il mondo attorno a me.
Perché l’ho chiamato così?
La sera, dopo cena, è proprio una tisana calda che adoro bere. Una tisana al limone e zenzero o semplicemente dell’acqua calda con limone. Rilassa il mio stomaco che talvolta si chiude per l’ansia e le preoccupazioni della giornata. Non tutti i giorni hanno un buon equilibrio tra eventi positivi ed eventi stressanti. Quando quelli stressanti prevalgono, il mio stomaco ne risente. Una sera, appoggiando la tazza sul comodino ho pensato: “Ecco! La Mindfulness per me è come una bella limonata calda!” Mi distende, cambia i miei pensieri, mi accompagna nel sonno, lasciandomi il sapore che preferisco.
Il comodino.
Nell’immagine del blog c’è un comodino, una tazza, dei libri e una sveglia. Il comodino rappresenta il sostegno per i miei libri e le mie letture notturne, la tisana mi rilassa e cambia sapore al mio palato, la sveglia, non solo mi permette di alzarmi la mattina ma mi ricorda le cose importanti. Un mix di elementi che contribuisce a sostenere le miei giornate.
D’ora in avanti cercherò di raccontarvi come vivere una vita mindful aggiungendovi più sapori. La consapevolezza nasce dall’esperienza, dal portare il proprio sguardo verso ciò che facciamo. Non mancheranno quindi spunti di riflessione, esercizi da fare a casa, pensieri e poesie.
A presto !
Lisa
Frase
La consapevolezza nasce dall’esperienza, dal portare il proprio sguardo verso ciò che facciamo. Non mancheranno quindi spunti di riflessione, esercizi da fare a casa, pensieri e poesie.
Poesia
NOVE MARZO DUEMILAVENTI di Mariangela Gualtieri
Questo ti voglio dire
ci dovevamo fermare.
Lo sapevamo. Lo sentivamo tutti
ch’era troppo furioso
il nostro fare. Stare dentro le cose.
Tutti fuori di noi.
Agitare ogni ora – farla fruttare.
Ci dovevamo fermare
e non ci riuscivamo.
Andava fatto insieme.
Rallentare la corsa.
Ma non ci riuscivamo.
Non c’era sforzo umano
che ci potesse bloccare.
E poiché questo
era desiderio tacito comune
come un inconscio volere –
forse la specie nostra ha ubbidito
slacciato le catene che tengono blindato
il nostro seme. Aperto
le fessure più segrete
e fatto entrare.
Forse per questo dopo c’è stato un salto
di specie – dal pipistrello a noi.
Qualcosa in noi ha voluto spalancare.
Forse, non so.
Adesso siamo a casa.
È portentoso quello che succede.
E c’è dell’oro, credo, in questo tempo strano.
Forse ci sono doni.
Pepite d’oro per noi. Se ci aiutiamo.
C’è un molto forte richiamo
della specie ora e come specie adesso
deve pensarsi ognuno. Un comune destino
ci tiene qui. Lo sapevamo. Ma non troppo bene.
O tutti quanti o nessuno.
È potente la terra. Viva per davvero.
Io la sento pensante d’un pensiero
che noi non conosciamo.
E quello che succede? Consideriamo
se non sia lei che muove.
Se la legge che tiene ben guidato
l’universo intero, se quanto accade mi chiedo
non sia piena espressione di quella legge
che governa anche noi – proprio come
ogni stella – ogni particella di cosmo.
Se la materia oscura fosse questo
tenersi insieme di tutto in un ardore
di vita, con la spazzina morte che viene
a equilibrare ogni specie.
Tenerla dentro la misura sua, al posto suo,
guidata. Non siamo noi
che abbiamo fatto il cielo.
Una voce imponente, senza parola
ci dice ora di stare a casa, come bambini
che l’hanno fatta grossa, senza sapere cosa,
e non avranno baci, non saranno abbracciati.
Ognuno dentro una frenata
che ci riporta indietro, forse nelle lentezze
delle antiche antenate, delle madri.
Guardare di più il cielo,
tingere d’ocra un morto. Fare per la prima volta
il pane. Guardare bene una faccia. Cantare
piano piano perché un bambino dorma. Per la prima volta
stringere con la mano un’altra mano
sentire forte l’intesa. Che siamo insieme.
Un organismo solo. Tutta la specie
la portiamo in noi. Dentro noi la salviamo.
A quella stretta
di un palmo col palmo di qualcuno
a quel semplice atto che ci è interdetto ora –
noi torneremo con una comprensione dilatata.
Saremo qui, più attenti credo. Più delicata
la nostra mano starà dentro il fare della vita.
Adesso lo sappiamo quanto è triste
stare lontani un metro.
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